CITAZIONE (dievas @ 14/8/2023, 10:17)
Ciao Marco, qui si aspetta sempre con trepidazione la cronaca meravigliosa delle tue partite...
grazie come sempre per la pazienza...
questa la prima semifinale:
Belgio v Germania OvestCome tutti gli anni bisestili il 1972 è anno olimpico ed anno delle finali continentali.
Anversa, sbocco delle Fiandre sul Mare del Nord, snodo mercantile, città di banchieri prima e di sanguinose “furie spagnole” poi, ospita mercoledì 14 giugno una delle due semifinali del quarto “Championnat d’Europe de football” come aveva ospitato i giochi della VIIª Olimpiade nel 1920.
Lo stadio Den Bosuil è stato costruito qualche anno dopo, ergendosi con la facciata della Tribune 1 nelle campagne di Deurne come le barchesse di una villa palladiana.
Dal 1957 i tifosi del Royal Antwerp non festeggiano, relegati nei bassifondi, ma tale quiete bucolica si anima e si merita l’epiteto infernale di “De Hel van Deurne-Noord” solo nelle sfide coi vicini e rivali olandesi, che stanno dominando a livello di club ma che sono messi in ombra dai risultati dei Diavoli Rossi a livello di selezione nazionale: sotto la guida di Raymond Goethals è arrivata prima la qualificazione al mondiale e poi all’europeo.
La stampa avrebbe preferito i catini infuocati dello Sclessin a Liegi e del recinto dell’Anderlecht a Parc Astrid, luoghi deputati ad ospitare altre gare di questa fase finale e tane in cui il Belgio, infallibile tra le mura domestiche, ha costruito le sue fortune.
Sui pantani del girone iniziale ha messo in riga con un duplice 3-0 scozzesi e portoghesi. Nei quarti di finale, dopo aver resistito agli assalti degli Azzurri a San Siro con uno spaventoso catenaccio all’italiana - chi sa il gioco non l’insegni
*- li ha schiantati con la zuccata di Van Moer, poi azzoppato da Bertini, e la volée di Van Himst che hanno reso inutile il rigore nel finale di Gigi Riva.
Così nel giro di pochi giorni lo Standard Liegi ha estromesso l’Inter e i bravi e truculenti belgi hanno fatto fuori i campioni in carica.
Così è in questa culla della CEE e degli altri organismi comunitari, così è su questo cuscinetto, un reame così placido e tranquillo ma anche così frammentato dalle sue etnie e martoriato dalla calata degli eserciti, che si battaglierà per la Coppa Henri Delaunay.
Così Belgio - Germania Occidentale è una delle due semifinali.
Così un paese ancora una volta si unisce e si divide.
Si divide financo sul piccolo schermo, la BRT (il canale in lingua fiamminga) non trasmetterà l’incontro per la presenza di troppi cartelloni a bordo campo, nel reame è ancora vietata la pubblicità televisiva, mentre la RTB (quello in francese) ha deciso di chiudere un occhio, figuriamoci sulla tattica da adottare: a chi propende per una condotta guardinga si ricorda della fortezza di Eben Emael, imprendibile nella Grande Guerra, violata da un manipolo di paracadutisti tedeschi nel 1939.
Si unisce e si stringe attorno agli uomini di Goethals, che non si è pronunciato sugli schemi di gioco e si è limitato a stringere gli occhi a chi gli ha ricordato come le case a colombaia di Anversa furono sbriciolate dalle V2. All’epoca lui era il giovane custode dei pali del Daring Club.
E proprio i due portieri, nella città con un Mercato dei Guanti sotto la facciata della cattedrale, si ergono ad assoluti protagonisti nell’intensissimo abbrivio.
Sepp Maier con un balzo felino è sul pallone che Verheyen, imbeccato da Van Himst, sta per calciare dopo aver ingaggiato con Schwarzenbeck un corpo a corpo che un arbitro diverso da William Mullan avrebbe ritenuto più congruo alla Scottish backhold.
Christian Piot coi pugni si oppone alla spingardata di Heynckes sull’immediato rovesciamento di fronte di Netzer, suo sodale al Borussia di Mönchengladbach.
L’attaccante è il più lesto sulla respinta, la sua maglia si allunga trattenuta da Vandendaele, e stramazza al suolo: anche per il direttore di gara sussistono gli estremi per interrompere per la prima volta il gioco e comandare la massima punizione.
Netzer batte in modo insolitamente fiacco, Piot - che i rigori oltre a pararli sa anche realizzarli - ringrazia e blocca senza difficoltà.
Sono trascorsi appena sessanta secondi.
Il volto di Günter Netzer si adombra e trasfigura come quello di Klaus Kinski in Aguirre,
der Zorn Gottes. Il furore di Dio è anche quello dei suoi compagni che, schiumando rabbia, si avventano.
Per il loro vantaggio si deve attendere solo qualche minuto.
Lo sigla Uli, il figliolo del macellaio di Ulm che, pur avendo segnato 13 reti in Bundesliga ed aver già guadagnato l’etichetta di « schnellster lebender Stürmer Europas » (l’ala più veloce in Europa), per poter prendere parte ai prossimi giochi olimpici non ha ancora sottoscritto un contratto professionistico col Bayern.
Il tiro di Hoeneß è certo improvviso ma non appare irresistibile. Lo aiuta un rimbalzo infido del cuoio giallo limone su un cespuglio e, forse, la troppa baldanza di Piot nella presa.
Il Belgio è in una tenaglia, il citato Hoeneß opera sulla destra con Erwin Kremers a chiudere la morsa sulla sinistra e con un doppio centravanti (Heynckes e Müller) nel cuore dell’area.
La forza dei tedeschi non sembra arginabile, ma sulle rive della Schelda sanno come far capitolare i giganti.
A vestire i panni di Silvio Brabone, il legionario che uccise Druon Antigoon gettandone la mano nel fiume, è Paul Van Himst. Affronta Höttges, ne schiva il fendente e agile penetra incrociando verso il palo più lontano.
Nell’ora successiva gli atleti si prodigano e avviluppano in un vortice di membra, muscoli e nervi come in un trittico di Rubens.
Il fiato è sospeso, come il risultato fino alle battute conclusive dei tempi regolamentari.
Gerd Müller incorna a colpo sicuro, la palla picchia sotto la traversa, sulla nuca del portiere belga e beffardamente non varca la linea di porta.
In contropiede Lotte Lambert arriva al cospetto di Maier e si lascia ipnotizzare, distrae lo sguardo dalla sfera come Carlo I dalla caccia sulla tela di Antoon van Dyck. Questa volta è Scwarzenbeck a ringraziare e allontanare in scivolata.
Un’analoga incertezza è fatale nell’altra metà campo, nel corso del primo tempo supplementare, al terzino Georges Heylens che non stacca di testa - i maligni diranno per non scomporre il parrucchino con cui scende in campo da qualche mese - e si lascia anticipare con la punta dalla pinna di Netzer.
Il regista tedesco può consumare la sua vendetta con un mortifero diagonale a pelo d’erba.
I Diavoli Rossi, ormai predisposti da Goethals ad una gara di difesa e contrattacco, non hanno le energie per reagire.
Al lumicino Van Himst si intestardisce in percussioni individuali.
Dopo vari tentativi il sipario sulla prima semifinale lo fa calare ineluttabilmente Gerd Müller: per lui segnare è sempre stato semplice come per un bavarese ingollare un boccale da un
Maß all’Oktoberfest ma in stagione si è superato bussando per quaranta volte con la media di 1,17 gol a partita…
Un merito per i padroni di casa aver resistito fino al 120°.
* Gianni Brera, cit.