Universo McGuffin, tutto quello che volevate sapere sul solosubbuteo e non avete mai osato chiedere ...

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view post Posted on 30/12/2023, 15:39
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OSC Biondella

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Tanti auguri anche a te Marco!!!
 
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view post Posted on 4/1/2024, 20:34
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Paolo from United Kingdom of Heavyweights (UKH)

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un graditissimo ritorno...che aumenta la nostalgia per quel calcio e per il nostro Subbuteo. Mi manca tantissimo...e non so cosa darei per poter rimettere in piedi il mio stadio e tornare a giocare....
 
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view post Posted on 7/1/2024, 12:49
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monaco '74 edition

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grazie ancora di cuore a tutti! :wub:
ecco la finale...

Germania Ovest v Ungheria

4 luglio 1954.
Sotto la pioggia e la scritta Longines della torretta del Wankdorf la lancetta dei minuti è sbarrata ai tre quarti, ancor più sotto i pannelli con il punteggio: Ungarn, 2, Deutschland, 3.

Das Wunder von Bern.
L’Aranycsapat, la squadra d’oro come il metallo della medaglia vinta ad Helsinki, invitta dopo 4 anni e 28 partite, fra le quali le lezioni ai maestri inglesi, è caduta. Ed è caduta al suo apogeo, nella finale dei campionati del mondo di calcio. Ed è caduta contro i tedeschi già schiantati per 8-3 nella prima fase.
Deutschland über alles.
I tedeschi, occidentali dal maggio del 1949 per il Grundgesetz, la fondazione della Repubblica Federale, hanno potuto riascoltare in pubblico il loro inno per la prima volta dalla fine della guerra e hanno potuto, miracolosamente, trionfare anche grazie all’astuzia di Seppl Herberger, a qualche polverina magica, a dei tacchetti avvitabili ed a tanta buona sorte, uno stinco sulla linea di gesso e gli spigoli della porta di Toni Turek.

18 giugno 1972.
Sull’altopiano dell’Heysel, con le sfere dell’Atomium sullo sfondo, sui pennoni sventolano nuovamente in una finale i tricolori fasciati di Germania ed Ungheria.
Le squadre sono allineate al centro del campo impettite sull’attenti mentre risuonano le note di Haydn e la stragrande maggioranza del pubblico intona la terza stanza Das Lied der Deutschen, il canto dei tedeschi.

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I ruoli si sono invertiti.
Sono loro, con le giacchette celesti sopra la tradizionale casacca prussiana, candida con l’aquila imperiale sul petto, gli invincibili ed i grandi favoriti. Sono loro ad aver impartito una severa lezione a domicilio all’Inghilterra, espugnando Wembley per 3-1 nella gara di andata dei quarti di finale.

Helmut Schön non è stato completamente soddisfatto del gioco dei suoi: « abbiamo abbondato in passaggi laterali » nella semifinale contro i padroni di casa, ma è indubbio che abbia rinvigorito la già ottima ossatura della compagine giunta sul podio messicano con i giovani e irrefrenabili del Borussia Mönchengladbach (sono in sette i puledri se si conta anche Köppel, di cui tre in formazione) e con i giovani e inarrestabili del Bayern Monaco (sono in sei i vincitori dell’ultimo Meistersschale, tutti titolari).
Una Traummannschaft, in cui tutti abbinano potenza ad eleganza.

Sono invece i magiari, con le tute rosse bordate dal tricolore come il colletto sotto al quale spicca al centro della maglia una stella rossa a cimare lo stemma in cui si intreccia il frumento, a partire già sconfitti come vittime predestinate.
Eppure hanno abbattuto il colosso sovietico resistendo per quasi un’ora in inferiorità numerica ed avendo perduto Flórián Albert per squalifica e Ferenc Bene per infortunio, ossia quelli che probabilmente, seppur vecchi ed acciaccati, sono i loro migliori giocatori.
Eppure, nel loro piccolo, sono anch’essi una Aranycsapat avendo vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi del 1964 e del 1968…
I miracoli possono ripetersi?

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La risposta, dopo otto minuti, parrebbe negativa.

A sbloccare il risultato è Kremers, l’unica vera sorpresa nella corazzata teutonica. Erwin ha iniziato a dare calci ad un pallone assieme al fratello Helmut con la maglia del Borussia in quella che all’epoca si chiamava ancora München-Gladbach e che, per prendere le distanze dalla Monaco di Baviera, nel 1960 ha assunto la nuova denominazione.

I due gemelli si sono poi affermati con i Kickers ad Offenbach e consacrati con lo Schalke a Gelsenkirchen e con la rappresentativa under 23.
Ora Erwin è alla terza presenza nella nazionale maggiore e, dopo un bruciante scatto ai danni di Fábián, ha sbloccato il risultato nella finale continentale.

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I danubiani con difficoltà si aggrappano alla partita e allo scostante talento di “Kicsi” Kocsis, il piccolo Puskás della Honvéd, e di Lajos Kű con baffo, calzettoni arrotolati e andatura alla Gigi Meroni.
La loro paprica non basta a speziare l’insipida prestazione offensiva dell’Ungheria: Sepp Maier sta godendosi un pomeriggio di assoluto relax ai bagni Széchenyi.

Le uniche conclusioni, a cavallo dei due tempi, sono di Gerd Müller.
Con la prima scalfisce un palo della porta di Géczi, con la seconda suggella un rapido contropiede centrandola.

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L’unico barlume di speranza risiederebbe nella cabala di rendere la pariglia di quel tardo pomeriggio piovoso - il “Fritz-Walter-Wetter” - a Berna, rimontando due reti come fecero i loro avversari con Max Morlock e la doppietta di Helmut Rahn.

Non sono di questo avviso né Schwarzenbeck, che cheta ogni residua velleità di Kű, né Maier che allo scadere chiude la saracinesca al tentativo di Dunai.

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Come Fritz Walter allora, anche Franz Anton Beckenbauer da München-Giesing può sollevare un trofeo mentre riecheggia la musica di Haydn: le parole della prima strofa - il Deutschland, Deutschland über alles - non si cantano più dalla fine del secondo conflitto mondiale ma, calcisticamente parlando, il pensiero di tutti è che per l’über alles in der Welt si debbano aspettare solo altri due anni…

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view post Posted on 7/1/2024, 13:24
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heavyweight long box

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Che scenario.... grande ammirazione.
 
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view post Posted on 7/1/2024, 14:28
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" FEDERICO SOLARI " OSC PIER CREW GENOVA "

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🔝 come sempre !
 
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view post Posted on 7/1/2024, 18:49
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OSC Biondella

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All’ombra dell’atomium 😍
Gran finale.
 
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view post Posted on 8/1/2024, 08:27
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HIC SUNT LEONES

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view post Posted on 11/1/2024, 23:59
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Paolo from United Kingdom of Heavyweights (UKH)

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sempre un piacere grandissimo...
 
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view post Posted on 13/1/2024, 14:38
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monaco '74 edition

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come sempre grazie a tutti!

Milan v Napoli

La stagione calcistica finisce nel Belpaese mercoledì 7 luglio, la 25ª edizione della Coppa Italia ripropone una finalissima ma ha impegnato le squadre in uno sfibrante girone di qualificazione: quello alpino, tra le milanesi e le torinesi, è stato dominato dal Milan, la grande delusa della stagione, arrivata ad una sola lunghezza dalla Juventus in campionato ed in semifinale in Coppa UEFA; quello appenninico, assai più equilibrato, è stato una sorta di “ciapa no” ed ha promosso i detentori del Napoli, deludenti più che delusi con un anonimo ottavo posto in Serie A ed un’eliminazione al primo turno in Europa.

Come nella recente finale continentale, anche allo Stadio Olimpico i pronostici pendono tutti dalla parte di una delle due finaliste.
In questo frangente per i rossoneri che, grazie a questa propaggine, hanno potuto anche riavere nei ranghi - incattivito, riposato e assai motivato - il proprio leader e capitano Gianni Rivera.
Il “Golden Boy” era sbottato a marzo al termine della trasferta di Cagliari, alla concessione di un rigore poi trasformato da Riva, per un braccio di Anquilletti aderente al busto per tutti tranne che per Michelotti.

« Fino a quando a capo degli arbitri ci sarà il signor Campanati, per noi del Milan le cose andranno sempre in questo modo: saremo costantemente presi in giro. Questo non è più calcio. È il terzo scudetto che ci fregano in questo modo ».
Durissima la sua presa di posizione contro l’establishment e durissima la squalifica fino a tutto il 30 giugno 1972. Ha dovuto saltare tutto il finale di stagione incluse le sfide azzurre con il Belgio.

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C’è invece aria di smobilitazione al centro pugilistico CONI di Fiuggi, dove i partenopei stanno preparando la difesa della cintura.
Corrado Ferlaino, rientrato al timone da qualche settimana dopo aver lasciato la presidenza al suo collega ingegnere Ettore Sacchi, non aveva e non ha i mezzi per rinforzare la rosa: i buchi di bilancio sono nel frattempo divenuti voragini.

La Società Sportiva Calcio dovrà onorare le sue pendenze finanziare verso gli atleti per poter operare in entrata sul mercato.
Nel frattempo i suoi prezzi pregiati sono in partenza: José Altafini, con otto reti il miglior cannoniere della squadra, è già in vacanza in Spagna, e la moglie di Dino Zoff, che invece è regolarmente a difesa dei pali, sta preparando il trasloco dalla loro bella casa sulla sommità di Capo Posillipo, nella parte alta di via Petrarca.

Dalle finestre non vedranno più il golfo, via Caracciolo e sullo sfondo il Vesuvio, Capri e anche Ischia. Vedranno semmai la Mole, sono entrambi stati ingaggiati dalla Juventus.

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Per vincere, come ha fatto il napoletano Gianni Nazzaro ad “Un disco per l’estate”, agli ordini di Chiappella scende in campo una compagine esperta nelle retrovie e sperimentale sulle ali con il nipote di Chiarugi, Emiliano Macchi, sulla sinistra e il debuttante Pincelli sulla destra. Al centro una vecchia conoscenza del popolo rossonero: Angelo Benedicto Sormani.

Sull’altra panchina uno dei suoi massimi estimatori nello Stivale, Nereo Rocco, ha analoghi problemi di formazione. Contro la squadra nella quale ha di fatto iniziato ad allenare prima della guerra, quand’era ancora in attività, non può allineare gli squalificati Benetti e Manservisi.

Molto è affidato alla scalpitante voglia di rivalsa di Gianni Rivera, assoluto mattatore nella prima frazione: le mani di Zoff, nella sua personale reinterpretazione di “Stasera ti dico di no” di Orietta Berti, un palo e l’imprecisione sottoporta di Golin negano il vantaggio ai milanisti.

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Il numero sette in maglia rossonera la paga andando anzitempo sotto la doccia.
Il Paròn scommette sull’estro di Guido Magherini, un carneade rientrato dal prestito alla Lazio che è stato avvistato su un rettangolo di gioco in questa stagione ancor meno di quanto sia stato attaccato sulle pagine degli album nella passata: la sua figurina Panini, l’unica scattata in notturna, è stata un autentico Gronchi rosa per i collezionisti della raccolta 1970-71.

Il numero sette in maglia azzurra, abbinata ad insoliti calzoncini neri, è Mauro Pincelli, introvabile nei pacchetti in edicola com’è difficilmente tracciabile dal pacchetto difensivo con il suo incessante movimento. Ha un fisico esile e, con il suo ciuffo ed i suoi cambi di direzione, vagamente ricorda le movenze di Cruijff.

E quel bambino che giocava in un cortile * di Roseto degli Abruzzi è ora in area a contendere un pallone vagante a Cudicini, che ha già annunciato il suo addio e che giocherà l’ultima mezzora della sua carriera con un vistoso turbante.
Le lunghe zampe del Ragno Nero hanno infatti preceduto sul cuoio i tacchetti di Pincelli che hanno inferto una profonda ferita al capo del portiere.
Karl-Heinz Schnellinger si è prodotto nel primo vero scatto della sua serata per inseguire il giovane attaccante prudenzialmente e immantinente avvicendato…

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Il numero nove in maglia rossonera è Albertino Bigon ed ha anch’egli avuto una seppur fugace esperienza sotto il Vesuvio. Era stato trionfalmente accolto alla stazione di Piazza Garibaldi nel 1967 ma non era riuscito ad imporsi nell’undici titolare.
Lo hanno definito un “centravanti sponda da bigliardo” per i gol di rimpallo: ma può essere fortuito ciò che si ripete 14 volte come nell’ultima Serie A?
Zoff, reinterpretando il “Stasera non si ride e non si balla” di Mino Reitano, prima lo ipnotizza e poi si avvita con un riflesso prodigioso strozzando in gola l’urlo dell’avversario e di tutti i tifosi del Diavolo.

Il numero nove in maglia azzurra è, come detto, il “Pelé bianco”.
Nella notte quello vero ha segnato il suo millesimo gol con la casacca del Santos, in cui furono compagni, nella tournée canadese contro i Metros di Toronto. Lui vede il suo unico spunto frustrato dalla bandierina alzata dal collaboratore di Toselli.

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Le iniziative dei giocatori di maggior classe chiudono i tempi regolamentari.
Juliano in proprio e Rivera con un’illuminante apertura per Pierino Prati: il solito Dino Zoff, « Che barba amore mio » direbbe Ornella Vanoni, lo attende al varco con un’uscita puntuale al limite della propria area.

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L’unica rete della finale la deve incassare infatti il suo dirimpettaio quando, con le energie al lumicino, è già scoccato il 100° minuto di gioco.

Il rilancio del triestino Cudicini intende raggiungere Giuseppe Sabadini, goriziano di Sagrado, località tristemente salita agli onori della cronaca a fine maggio per la strage dei carabinieri di Peteano.
Sormani lo conosce, ha intuito le intenzioni del “Pennellone” e intercetta il pallone.

Aveva segnato al suo Brasile con la maglia azzurra della nazionale (fingendo poi un malore per non infierire dal dischetto). Segna ora al suo Milan con la maglia azzurra del Napoli.

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Giovanni Leone all’Olimpico solitamente accompagna i figli laziali ma oggi pur in veste ufficiale, con malcelata parzialità, ha allontanato il malocchio dai suoi beniamini con uno scaramantico segno delle corna ad ogni avanzata degli avversari.

Quella consegnata dal Presidente della Repubblica è la terza Coppa Italia del suo Napoli. Il Milan è ancora all’asciutto.

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* Dal testo di “Io vagabondo (che non sono altro)” dei I Nomadi, 1972.

Arrivederci alla stagione 1972-73!

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view post Posted on 13/1/2024, 15:57
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" FEDERICO SOLARI " OSC PIER CREW GENOVA "

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Hai usato le Lw !! Grande Marco !
 
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Bellissima cronaca e foto finale ( con gli striscioni) da urlo
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Paolo from United Kingdom of Heavyweights (UKH)

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lo striscione su Canè da solo basta e avanza per applausi scroscianti....
 
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monaco '74 edition

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ancora grazie per i vostri commenti.

il prologo alla nuova stagione sarà l'Intercontinentale tra Independiente e Ajax.
Cruijff inganna l'attesa con una cicca...

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a presto!
 
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view post Posted on 20/1/2024, 09:57
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monaco '74 edition

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Independiente v Ajax

Settembre nero.
Nella notte un commando di terroristi palestinesi, armati di kalashnikov e bombe a mano, ha fatto irruzione nella palazzina che ospita gli atleti israeliani all’interno del villaggio olimpico di Monaco di Baviera.

Dopo lunghe ore di trattative, il trasferimento in elicottero all’aeroporto e lo scontro a fuoco con le disorganizzate forze dell’ordine bavaresi, il bilancio è tragico. Diciassette le vittime: gli undici ostaggi componenti della delegazione israeliana (tra atleti, allenatori e giudici), un poliziotto tedesco e cinque degli otto fedayyin (tre sono stati arrestati).

Secondo la vulgata nell’antichità classica la ἐκεχερία, la tregua olimpica, sedava i conflitti e fermava le guerre. Non era vero allora, non lo è oggigiorno.
Così come il sangue non ferma i giochi, che sono ripresi dopo una cerimonia di commemorazione, e non ferma l’inizio della stagione calcistica internazionale dall’altra parte dell’Atlantico.

LuNLzV

Per una volta non è la ribollente passione degli hinchas locali a determinare un inusitato spiegamento di mezzi militari attorno ed all’interno della Doble Visera.
La notizia del rapimento di Juan Van der Panne, il presidente di origine olandese della filiale argentina della Philips, aveva già suggerito di blindare ogni spostamento e pernottamento dell’Ajax.

I campioni d’Europa, notoriamente legati alla comunità ebraica di Amsterdam, all’ingresso in campo hanno listato a lutto le loro candide casacche con un nastro nero sul bicipite sinistro.
In un clima surreale raggiungono il cerchio di centrocampo fendendo i soldati con elmetti e mitra spianati e dribblando le hostess della Coca-Cola con le loro gonnelline rosse.

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Sono spiazzati da un periplo di dodicimila chilometri e diciassette ore di volo con un ultimo scalo a Capo Verde in cui si sono allenati a piedi nudi sull’asfalto incandescente della pista.
Sono storditi dalle immagini rilanciate dai teleschermi, dalle difficili telefonate coi familiari in apprensione in patria e dai sonniferi assunti per attutire la caciara inscenata con “bombo y platillo” sotto alle finestre del loro albergo.

Quando al primo spunto Keizer viene falciato brutalmente da Ricardo Pavoni, che gli aveva cordialmente stretto la mano pochi attimi prima, capiscono che la minaccia più concreta sarà, per i prossimi novanta minuti, quella ai loro stinchi.
Lui e Cruijff combinano come acrobati sui trapezi, liberandosi in fretta del cuoio e schivando le randellate con dei volteggi.

I campeones de America sanno anche trattare il pallone.
Sontuosa la carezza con cui “El Pato” Pastoriza lo scodella sopra il corpo di Stuy ed apre le marcature.

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Ai calcagni di Cruijff è assegnato Dante Mircoli da Ladispoli, un “Tano” che si fa apprezzare, senza fronzoli sia quando deve offendere sia quando deve sacrificarsi.

Il fuoriclasse lo brucia con la punta del piede, sorprendendo anche il non irreprensibile Pepé Santoro, prima che un treno merci lo investa a tutta velocità.
“Il Bambino” non ha frenato la sua corsa e, dopo un parapiglia, il cartellino sventolato da Bakhramov è soltanto giallo: ad abbandonare malconcio il campo con un livido sulla coscia e una caviglia gonfia è l’olandese.

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Anche il placido Kovács ha perso le staffe con la terna sovietica mentre il suo vice, Bobby Haarms, si è polemicamente allontanato dalla panchina su cui ha preso posto Cruijff, fumantino anche per la condensa del sudore e per la sigaretta che si è nervosamente acceso.

Dal punto di vista psicologico, peraltro, la prodezza di quello che a Betondorp era semplicemente “Jopie” e la sua prematura uscita dalla tenzone, stimola la grinta dei compagni.

Krol e Neeskens alzano i giri del motore.
È quest’ultimo ad ammutolire il pubblico di Avellaneda a qualche minuto dall’intervallo con una poderosa sgroppata favorita dallo scippo con cui Gerrie Mühren ha recuperato palla in pressione.

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La finale assume i contorni di una lectio magistralis del totaalvoetbal degli uomini di Ștefan Kovács. Trasmissione fluida, interscambio delle posizioni a disorientare chi deve inseguirli e una costante aggressione al portatore di palla avversario.

Ancor più rimarchevole per l’assenza della loro stella più fulgida.
Ne fa le veci il secondo dei fratelli Mühren, progenie che in quel di Volendam eccelle nel tirare calci a un pallone con il mancino e a strimpellare le corde di una chitarra (il minore Jan gioca nel locale RKVS e l’omonimo Arnold, loro cugino, è il bassista dei The Cats).

Ruud Krol abbacina sulla corsia di sinistra; Arnold Mühren aggancia il traversone, abbacchia il “Perico” Raimondo con una veronica e rischia di abbattere la traversa contro cui picchia il pallone prima di insaccarsi.

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È sua anche la prodezza con cui semina sulla linea di gesso Carlos Bulla - gettato nella mischia da Dellacha nel disperato tentativo di aumentare il peso offensivo dei diablos rojos - e poi centra a occhi chiusi per Gerrie come nelle tante partitelle giocate dietro casa, lungo l’argine del canale sulla strada che nel frattempo è stata intitolata a loro nonno, apprezzato educatore.

Letale il piatto rasoterra nell’angolo più lontano: due Johan più due Mühren fa quattro a uno.

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Questo il programma delle prossime partite:

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view post Posted on 20/1/2024, 10:08
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monaco '74 edition

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Uno spettacolo, come al solito
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