come sempre grazie a tutti!
Milan v NapoliLa stagione calcistica finisce nel Belpaese mercoledì 7 luglio, la 25ª edizione della Coppa Italia ripropone una finalissima ma ha impegnato le squadre in uno sfibrante girone di qualificazione: quello alpino, tra le milanesi e le torinesi, è stato dominato dal Milan, la grande delusa della stagione, arrivata ad una sola lunghezza dalla Juventus in campionato ed in semifinale in Coppa UEFA; quello appenninico, assai più equilibrato, è stato una sorta di “ciapa no” ed ha promosso i detentori del Napoli, deludenti più che delusi con un anonimo ottavo posto in Serie A ed un’eliminazione al primo turno in Europa.
Come nella recente finale continentale, anche allo Stadio Olimpico i pronostici pendono tutti dalla parte di una delle due finaliste.
In questo frangente per i rossoneri che, grazie a questa propaggine, hanno potuto anche riavere nei ranghi - incattivito, riposato e assai motivato - il proprio leader e capitano Gianni Rivera.
Il “Golden Boy” era sbottato a marzo al termine della trasferta di Cagliari, alla concessione di un rigore poi trasformato da Riva, per un braccio di Anquilletti aderente al busto per tutti tranne che per Michelotti.
« Fino a quando a capo degli arbitri ci sarà il signor Campanati, per noi del Milan le cose andranno sempre in questo modo: saremo costantemente presi in giro. Questo non è più calcio. È il terzo scudetto che ci fregano in questo modo ».
Durissima la sua presa di posizione contro l’establishment e durissima la squalifica fino a tutto il 30 giugno 1972. Ha dovuto saltare tutto il finale di stagione incluse le sfide azzurre con il Belgio.
C’è invece aria di smobilitazione al centro pugilistico CONI di Fiuggi, dove i partenopei stanno preparando la difesa della cintura.
Corrado Ferlaino, rientrato al timone da qualche settimana dopo aver lasciato la presidenza al suo collega ingegnere Ettore Sacchi, non aveva e non ha i mezzi per rinforzare la rosa: i buchi di bilancio sono nel frattempo divenuti voragini.
La Società Sportiva Calcio dovrà onorare le sue pendenze finanziare verso gli atleti per poter operare in entrata sul mercato.
Nel frattempo i suoi prezzi pregiati sono in partenza: José Altafini, con otto reti il miglior cannoniere della squadra, è già in vacanza in Spagna, e la moglie di Dino Zoff, che invece è regolarmente a difesa dei pali, sta preparando il trasloco dalla loro bella casa sulla sommità di Capo Posillipo, nella parte alta di via Petrarca.
Dalle finestre non vedranno più il golfo, via Caracciolo e sullo sfondo il Vesuvio, Capri e anche Ischia. Vedranno semmai la Mole, sono entrambi stati ingaggiati dalla Juventus.
Per vincere, come ha fatto il napoletano Gianni Nazzaro ad “Un disco per l’estate”, agli ordini di Chiappella scende in campo una compagine esperta nelle retrovie e sperimentale sulle ali con il nipote di Chiarugi, Emiliano Macchi, sulla sinistra e il debuttante Pincelli sulla destra. Al centro una vecchia conoscenza del popolo rossonero: Angelo Benedicto Sormani.
Sull’altra panchina uno dei suoi massimi estimatori nello Stivale, Nereo Rocco, ha analoghi problemi di formazione. Contro la squadra nella quale ha di fatto iniziato ad allenare prima della guerra, quand’era ancora in attività, non può allineare gli squalificati Benetti e Manservisi.
Molto è affidato alla scalpitante voglia di rivalsa di Gianni Rivera, assoluto mattatore nella prima frazione: le mani di Zoff, nella sua personale reinterpretazione di “Stasera ti dico di no” di Orietta Berti, un palo e l’imprecisione sottoporta di Golin negano il vantaggio ai milanisti.
Il numero sette in maglia rossonera la paga andando anzitempo sotto la doccia.
Il Paròn scommette sull’estro di Guido Magherini, un carneade rientrato dal prestito alla Lazio che è stato avvistato su un rettangolo di gioco in questa stagione ancor meno di quanto sia stato attaccato sulle pagine degli album nella passata: la sua figurina Panini, l’unica scattata in notturna, è stata un autentico Gronchi rosa per i collezionisti della raccolta 1970-71.
Il numero sette in maglia azzurra, abbinata ad insoliti calzoncini neri, è Mauro Pincelli, introvabile nei pacchetti in edicola com’è difficilmente tracciabile dal pacchetto difensivo con il suo incessante movimento. Ha un fisico esile e, con il suo ciuffo ed i suoi cambi di direzione, vagamente ricorda le movenze di Cruijff.
E quel bambino che giocava in un cortile
* di Roseto degli Abruzzi è ora in area a contendere un pallone vagante a Cudicini, che ha già annunciato il suo addio e che giocherà l’ultima mezzora della sua carriera con un vistoso turbante.
Le lunghe zampe del Ragno Nero hanno infatti preceduto sul cuoio i tacchetti di Pincelli che hanno inferto una profonda ferita al capo del portiere.
Karl-Heinz Schnellinger si è prodotto nel primo vero scatto della sua serata per inseguire il giovane attaccante prudenzialmente e immantinente avvicendato…
Il numero nove in maglia rossonera è Albertino Bigon ed ha anch’egli avuto una seppur fugace esperienza sotto il Vesuvio. Era stato trionfalmente accolto alla stazione di Piazza Garibaldi nel 1967 ma non era riuscito ad imporsi nell’undici titolare.
Lo hanno definito un “centravanti sponda da bigliardo” per i gol di rimpallo: ma può essere fortuito ciò che si ripete 14 volte come nell’ultima Serie A?
Zoff, reinterpretando il “Stasera non si ride e non si balla” di Mino Reitano, prima lo ipnotizza e poi si avvita con un riflesso prodigioso strozzando in gola l’urlo dell’avversario e di tutti i tifosi del Diavolo.
Il numero nove in maglia azzurra è, come detto, il “Pelé bianco”.
Nella notte quello vero ha segnato il suo millesimo gol con la casacca del Santos, in cui furono compagni, nella tournée canadese contro i Metros di Toronto. Lui vede il suo unico spunto frustrato dalla bandierina alzata dal collaboratore di Toselli.
Le iniziative dei giocatori di maggior classe chiudono i tempi regolamentari.
Juliano in proprio e Rivera con un’illuminante apertura per Pierino Prati: il solito Dino Zoff, « Che barba amore mio » direbbe Ornella Vanoni, lo attende al varco con un’uscita puntuale al limite della propria area.
L’unica rete della finale la deve incassare infatti il suo dirimpettaio quando, con le energie al lumicino, è già scoccato il 100° minuto di gioco.
Il rilancio del triestino Cudicini intende raggiungere Giuseppe Sabadini, goriziano di Sagrado, località tristemente salita agli onori della cronaca a fine maggio per la strage dei carabinieri di Peteano.
Sormani lo conosce, ha intuito le intenzioni del “Pennellone” e intercetta il pallone.
Aveva segnato al suo Brasile con la maglia azzurra della nazionale (fingendo poi un malore per non infierire dal dischetto). Segna ora al suo Milan con la maglia azzurra del Napoli.
Giovanni Leone all’Olimpico solitamente accompagna i figli laziali ma oggi pur in veste ufficiale, con malcelata parzialità, ha allontanato il malocchio dai suoi beniamini con uno scaramantico segno delle corna ad ogni avanzata degli avversari.
Quella consegnata dal Presidente della Repubblica è la terza Coppa Italia del suo Napoli. Il Milan è ancora all’asciutto.
* Dal testo di “Io vagabondo (che non sono altro)” dei I Nomadi, 1972.
Arrivederci alla stagione 1972-73!